A belly full of wine - Romanzo

lunedì 30 maggio 2011

I'm so tired, I haven't slept a wink

E così, sono passate due settimane dall’ultima volta che il Kaiseki ha aggiornato il blog. Cos’è successo? Le solite cose - potrei rispondere - sennonchè nel frattempo c’è stata la festa dello Shogun che si è svolta come un evento grandioso farcito di biscotti artigianali, centinaia di palloncini (ok, magari centinaia no ma una buona sessantina sì, faticosamente gonfiati a bocca dall’amorevole mater Kaiseki), annaffiato da litri di succo di frutta bio, cola bio, fanta bio e latte di cocco (?!) bio per la gioia del Naturasì dietro casa. Quindi, con il sapiente supporto di una biscottara doc che ha sfornato cupkakes degne di un cordon bleu e le amorevoli attenzioni di Kaisekimamma per la scelta di rinfreschi e di petites cadeaux puor les petites invités, si può senz’altro affermare che sè stato un grande evento (per l’appunto).

Nello stesso frattempo, però, mi sono stancata e ho lavorato troppo e dallo scorso venerdì sono senza voce e con una tosse insopportabile (qualcuno accusa l'eccessiva enfasi profusa nel gonfiare i palloncini). La questione della voce, in particolare, ha una duplice interpretazione: da un lato è innegabilmente sensuale, dall’altro decisamente ridicola. Mister P., notoriamente sordo ai sussurri del Kaiseki, ha dovuto improvvisare una cornetta acustica per recepire le dettagliate istruzioni di gestione weekend, elargite nel fine settimana da un Kaiseki che parla in mute.

Sempre in questo frattempo, mi è capitato di cenare in uno di quei ristoranti radical chic che la menano col km zero e la carta di identità della gallina che ha covato l’uovo che hai nel piatto (cosa che, personalmente, mi crea anche qualche senso di colpa nei confronti del mancato pulcino che starei mangiando), salvo poi riversare ampiamente il proprio zelo ecologico nei prezzi delle pietanze e nei ricarichi del vino. Era uno di quei posti in cui, a quanto pare,  tutto l’arredo del ristorante - volendo ma anche no - era in vendita. Questa cosa ce l’ha illustrata il cameriere  accennando, con ampio gesto della mano e senza un filo di imbarazzo, ad un cortile interno arredato tipo un film di Ozpetek con sediacce di ferro arrugginite e spaiate, panche traballanti, specchi ossidati e una tavola ottometrica fulminata (oggetto, quest’ultimo, che il Kaiseki, in un momento di euforia da uscita serale, si sarebbe pure accattata ma mister P. non era d'accordo). 


Per il resto ho lavorato e lavorato, azzerando le mie pause pranzo (e il conseguente shopping forsennato con gran sollievo del mio malandato conto in banca ma profonda angoscia personale). Unico vezzo concesso in queste due settimane è stato uno strepitoso smalto ciliegia matura che, una volta applicato, è durato quasi 4 giorni (con sommo, inspiegabile divertimento da parte dello Shogun) trascorsi i quali sono dovuta letteralmente correre a toglierlo perché poche cose mi stressano come avere le unghie colorate. So’ strana: ma va?!

giovedì 12 maggio 2011

Black is the color of my true love's hair

Ok, ho lasciato passare un’intera settimana. Credo sia un di quei naturali momenti di flessione creativa che seguono la consapevolezza che il tuo ultimo post è stato visualizzato da 20 persone in una settimana.
Mi spiego: ieri, quando sono tornata dall’ufficio, ho trovato sotto casa una macchina in doppia fila che, con un altoparlante, sparava a tutto volume la canzone del coccodrillo (il brano, sciaguratamente noto all’universo-mondo, il cui testo recita “Il coccodrillo come fa? Non c’è nessuno che lo sa!”). Ad un certo punto si interrompeva la musica e partiva la registrazione che – con la voce dell’arrotino – invitava a comprare, alla modica cifra di 3 euro, Nino il coccodrillo che canta la canzone del coccodrillo. Appunto.
Io mi sono incantata a guardare questo disgraziato alla guida dell’auto, con un misto di divertimento e magone. Ovviamente non si è avvicinato nessuno per comprare Nino e, se avessi avuto 3 euro (ma, naturalmente, non li avevo e ho immaginato che lui non accettasse carte di credito) un cocco me lo sarei comprata io. Con buona pace del post sui giocattoli di marca.
Cmq la digressione un po’ deprimente serve per interpretare il mio silenzio settimanale: mi sono sentita come Nino, il coccodrillo snobbato dai bambini, e non ho pubblicato niente.
Poi, però, insomma: un po’ per amor proprio e un po’ per rispetto a quei 20 che – magari per sbaglio – ma il blog se lo leggono sempre, ho deciso di produrre un nuovo esilarante post. Questo.
State ridendo?
No?
Ma va?!

Stamattina mentre prendevo il caffè al bar ho origliato la conversazione tra una coppia accanto a me al bancone. Lei, alta bionda, carina, in tiro. Lui stempiato, elegante, sotto i quaranta. Il tema del dibattito era il colore della pietra su un anello al dito di lei: una tormalina rosa, a mio avviso. Comunque, lei sosteneva che fosse color amaranto, lui la guardava con gli occhi ebeti e l’aria di chi non capisce. Allora lei ha detto che era una specie di color malva. Lui ha iniziato a sudare sulle tempie scoperte e io un po’ l’ho capito. Alla fine lei, impietosita, ha  optato per un “viola melanzana” e lui, che forse una melanzana, in vita sua , l’ha pure mangiata, ha sorriso e ha smesso di sudare.
Poi ho finito il caffè e me ne sono andata. Però, in effetti, questo episodio mi è sembrato emblematico di una diatriba: perché le donne conoscono i colori e gli uomini no?
Ovvero, perché gli uomini per descrivere qualcosa usano i colori primari (sotto la denominazione di giallo, blu e rosso) e con difficoltà coprono il verde e il rosa mentre le donne, quando parlano, citano il bronzo, il pervinca, il kaki, il glicine, il grigio antracite, il carta da zucchero, il terra di Siena, spingendosi fino al lavanda, al denim, all’ocra…
Cioè, mi chiedo, gli uomini non percepiscono certe scale cromatiche o semplicemente non si prendono mai la briga di imparare i nomi dei fiori né sono geneticamente programmati per scovare similitudini accettabili tra un colore ed un elemento naturale che possa aiutare ad individuarlo?
Qual è il colore più strano in cui vi è capitato di imbattervi? Se dico che il mio vestito è color eliotropo, in quanti mi capiscono?! (qui a fianco c'è l'aiutino...)

giovedì 5 maggio 2011

Her Majesty's a pretty nice girl...

Vi è mai capitato di programmare una settimana di ferie con mostruoso anticipo, prenotare un viaggetto in un posto più caldo di dove abitate, stipulare tutte le assicurazioni disponibili e iniziare il conto alla rovescia prodigandovi, giorno dopo giorno, in rosari e avemmarie per propiziare l’agognato evento?
Ebbene, al Kaiseki è successo abbastanza di recente ed è successo anche che, al terzo giorno (il secondo e mezzo, se si considera il tempo impiegato tra viaggio e ritardi) lo Shōgun tirasse fuori dal cilindro la più clamorosa delle otiti con annesso febbrone protratto.
Ma non è questo l’argomento di oggi, no: ecco, in questo passato che sento di poter definire abbastanza recente – cioè, la scorsa settimana – l’ironica sorte ha voluto che, il 29 aprile il Kaiseki, nonostante il sole fuori, la spiaggia bianca e la temperatura mite, si ritrovasse chiusa in una camera d’albergo, incollata davanti al canale televisivo che proiettava il Royal Wedding, commentato in tedesco.

Quindi, gira gira, di cosa voglio parlarvi oggi? Di questo: ma quanto è magra Kate Middleton?!

Non so se anche voi apparteniate a quella categoria di persone che si fissa con argomenti, dettagli, immagini e tutti una serie di elementi che, in condizioni normali, considererebbe irrilevanti se non inopportuni ma, negli specifici frangenti in cui ci si imbatte, non riesce a staccarsene. Ecco, il Kaiseki, a volte, è preda di questo genere di ipnosi morbose.
Mi spiego meglio, o almeno ce provo.
Prima dell’avvento di Sky, vi sarà capitato, qualche volta (magari di mattina, a casa con l’influenza), di passare con il telecomando su un canale privato e incappare in qualche televendita. Che ne so, i coltelli Shōgun (ah ah ah!), l’aspirapolvere Aurora D’Agostino (quella con la tizia che chiamava le telespettatrici: “amica!”), il Pittarello, una specie di spatola per ridipingere praticamente tutte le superfici piane e curve di casa…Insomma, ci siamo capiti. Beh, io ogni volta che mi imbattevo nel cuoco panzone che, parlando in differita, affettava tutto l’affettabile, o nella signora che prima, a scopo dimostrativo,  inondava il pavimento con le peggio schifezze e poi le aspirava con l’innovativo sistema ad acqua (che risucchiava anche le biglie di metallo, casomai aveste dovuto ripulire la scena di un delitto: pallottole e sangue in un colpo solo!) o nella coppia di sposini che dipingeva una stanza di azzurro, dal soffitto ai termosifoni, rimanevo folgorata. E lì a guardare per ore.

Va bene, qual è il punto?
Il punto è che, insomma, ritengo di essere una persona mediamente istruita e non del tutto priva di intelletto. E, d’accordo, forse una televendita anni ‘80 non è la stessa cosa rispetto al matrimonio di William d’Inghilterra con Kate M. ma l’effetto sul Kaiseki è stato simile e ugualmente devastante. Per cui mi sono ritrovata a fissare inebetita la cerimonia, le orde di folla intorno a Buckingham Palace, le facce degli invitati delle prime file (scrutando quelli che capitavano nelle inquadrature alla ricerca di Paul McCartney!) e le sottane dei preti che officiavano la cerimonia, con inspiegabile avidità.
Nonostante la palla di Spiderman (Fabermen, come lo chiama lo Shōgun) che rimbalzava più volte contro la mia testa, nonostante i grugniti annoiati di Mister P., nonostante la cameriera che nel frattempo cambiava gli asciugamani.
E in questo delirio romantico-disneyano (‘sta Kate - dai! - è proprio una cenerentola 2011), tra una lacrima e un gongolamento immedesimante di troppo, il Kaiseki ha formulato le seguenti, pungenti riflessioni, che non so se vi sentite di condividere:
  1. ammazza quanto è magra Kate M
  2. ma che razza di nome è Pippa?!

Cmq, per concludere: casomai a qualcuno piacesse indugiare in travestimenti perversi, sappiate che nella suddetta (anche se non l’ho detta) località di vacanza, spopolava, accessibile a tutte le tasche, una grandiosa riproduzione dell’anello di fidanzamento che W ha donato a K.

El Compromiso Real, 39 euro e 90 centesimi e passa la paura: fateci una pensata!
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