A belly full of wine - Romanzo

domenica 13 marzo 2011

Lo stile del Kaiseki


Questo blog si intitola Kaiseki Style e il sottotitolo, in qualche modo, richiama al Giappone.
Kaiseki, in giapponese, è l'aggettivo che descrive una cena tradizionale composta di molte portate ricercate. I caratteri kanji che compongono la parola significano letteralmente "pietra nel petto" e...insomma, è un soprannome che mi è stato affibbiato qualche anno fa, dalla persona che sarebbe diventata mio marito, all’indomani della estenuante esperienza di una vera cena Kaiseki, in quel di Miyajima. Lì per lì non ero del tutto convinta che si trattasse di un complimento, ma con il tempo ho imparato ad apprezzare tutte le sfumature che questo pseudonimo racchiude.
Una miriade di chiaroscuri: dettagli che assumono un significato diverso a seconda del momento o dello stato d’animo con cui li si accoglie.
In fondo, la mia passione per il Nihon dipende molto da questo: è la passione per un luogo ed una cultura così profondamente sfaccettati da offrire un’interpretazione sottilmente diversa ad ogni ulteriore approccio.
In Giappone, almeno così penso io, le emozioni non sono scontate e questo soprattutto perché non scaturiscono da sollecitazioni chiassose. In Giappone ciò che è bello è sottilmente bello e quasi tutto può esserlo, se osservato nel modo giusto.
Sempre durante quel viaggio (il viaggio dell’ammòre, visto che mi sono sposata poco dopo essere rientrata in Italia) ho capito come una foglia di momiji (l’acero) sappia essere infinitamente più interessante e poetica di un quadro amato e come il silenzio di un giardino zen, più melodioso di una musica conosciuta.

Bum – dirà qualcuno. Ma questo è il mio blog e questa è una mia opinione, quindi mosca!
Questo panegirico, dopo le tante righe impiegate per descrivervi nel dettaglio quanti metri percorro in pausa pranzo alla caparbia ricerca di uno sbattitore elettrico a fruste o di un refill viola per la Mont Blanc, oggi è necessario.
Perché io ho creato un blog che si ispira al Giappone (almeno nel titolo) e due giorni fa il Giappone che amo tanto è stato travolto da un evento drammatico, grave, che mi disorienta per la sua enormità.
Il Dai Jishin (il grande terremoto) si abbatte su un popolo distante da noi, non solo geograficamente. Un popolo diverso, ineffabile e complesso, che nonostante le migliaia di vittime, la distruzione suprema, nonostante le immagini da cartone animato dell’apocalisse, rimane compostamente in disparte.
Non giudico e non mi esprimo, soprattutto perché amo – come a volte accade – senza comprendere fino in fondo ma poche righe meno che frivole, in una domenica di pioggia e vento come questa, erano necessarie.

Almeno per il Kaiseki.

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